top of page
Immagine del redattoreGianna Ferro

Fiabe e Favole: cosa resta nel linguaggio?

Aggiornamento: 17 dic 2022

Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi.” Gianni Rodari



Fiaba e favola rappresentano due modi differenti di raccontare una storia.

I termini Fiaba e Favola spesso sono utilizzati come sinonimi, invece stanno ad indicare due diversi generi, differenti per modalità narrative, luoghi e personaggi.

Entrambe sono ricche di elementi fantastici, entrambe sembrano rivolgersi per lo più ai bambini,anche se a volte i loro messaggi sono tutt'altro che semplici e banali, e sia favole che fiabe si svolgono in tempi lontani e spesso poco definiti.

La fiaba rientra nel genere letterario del racconto popolare, che si trasmette oralmente e si tramanda di generazione in generazione. Il linguaggio adoperato è quello popolare, spesso povero e sgrammaticato, ma intriso di nozioni folcloristiche, che mette in mostra l’anima del popolo, appartenente al ceto inferiore, attraverso la lingua.

Il termine fiaba deriva dal latino volgare 'flaba' che significa racconto, in essa

è presente l’elemento che colpisce, nel profondo, i bambini: il magico e il fantastico.

La favola, invece, è un genere letterario a sé, munito di morale, quell’essenza che si trae da una vicenda o da un racconto. Il nome deriva dal latino 'fabula', parlare, è una breve vicenda narrata in versi o in prosa che vede come protagonisti animali umanizzati o cose inanimate, che mettono in evidenza vizi e difetti della società, il fine è di far comprendere una verità morale, in modo semplice.

Il suo compito è quello di fornire un insegnamento, in seguito ad una serie di fatti o vicende. Presenta alcuni elementi di somiglianza con la parabola.


Se la fiaba mette in scena storie senza tempo né luogo, in cui i personaggi, solitamente rappresentati da uomini e donne, si ritrovano ad affrontare situazioni difficili, la favola mette in scena un'ambientazione del tutto diversa. Entrambe sono la raffigurazione di concetti astratti presenti nella vita, come il bene, il male, il bisogno, la sfortuna, la morte: svelano tutto ciò che non può essere detto altrimenti.


Quale sia la differenza tra fiaba e favola poco importa, fondamentale è che ci facciano sognare!

La fiaba e la favola sono la metafora della vita, come scrive Gianni Rodari (1920-1980) nel suo La freccia azzurra: “Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”.


Come abbiamo avuto modo di vedere la fiaba e la favola, nate come espressione di poesia popolare ha assunto nel corso del tempo una sua dignità letteraria. Ancora oggi, nelle opere degli scrittori moderni, possiamo riconoscere la loro l’eredità e, indipendentemente dalla nostra età, molti di questi racconti possono ancora oggi continuare a farci riflettere, insegnandoci ad essere persone migliori.


Come in una fiaba o in una favola, ciascuno di noi vive la propria vita e le proprie relazioni, condizionato da un magico mondo interiore, dove realtà e fantasia si fondono, condizionando le nostre scelte e le nostre emozioni.

Spesso sentiamo di modi di dire piuttosto diffusi e con origini abbastanza lontane nel tempo e ci chiediamo “Perché si dice?”


Chi non ricorda le fantastiche storie del greco Esopo, di Jean de La Fontaine, dei fratelli Grimm e delle “strane” espressioni, che abbiamo imparato ad usare comunemente, tratte dalle loro favole?


Leggiamone qualcuna:


Avere la coda di paglia

L’espressione deriva da una favola di Esopo che narra di una volpe cui una tagliola mozzò la coda. La bestiola si vergognava, così deturpata nella sua eleganza, e gli altri animali, suoi amici, decisero di farle una coda di paglia. La coda era così bella che, chi non sapeva della disgrazia, non avrebbe mai potuto sospettare fosse finta.

Ma un giorno un gallo si lasciò scappare il segreto e la notizia della volpe con la coda di paglia arrivò fino all’orecchio dei contadini. Conoscendo il punto debole della volpe, questi accesero dei fuochi vicino ai pollai, perché non potesse più rubare i loro polli. La volpe sapeva che la paglia prende fuoco facilmente, e per paura di bruciarsi non si avvicinò più ai pollai.

Da qui l’espressione avere la coda di paglia, che significa temere ogni tipo di critica per un comportamento, o un difetto, su cui si teme che gli altri possano infierire.


Fare la gatta morta

Da “Il gatto e i topi” di Esopo. Si narra di un gatto che, per catturare dei topi si finge morto, cercando così di attirarli in trappola e catturarli risvegliandosi nel momento opportuno. I topi, fortunatamente per loro, non si fanno ingannare dal comportamento del topo e non cadono nel tranello.

L’espressione fare la gatta morta nella lingua italiana ha un’accezione solitamente negativa verso la persona a cui viene rivolta.

Quando diamo della gatta morta ad una persona, la descriviamo come una persona che assume un atteggiamento e un comportamento apparentemente inoffensivo e innocuo, ma dietro questo atteggiamento si nasconde in realtà una persona che tenta di raggiungere i propri interessi personali.


Il lupo perde il pelo, ma non il vizio!

Da “La gatta e Afrodite”. Una gatta, innamoratasi di un bel ragazzo, pregò Afrodite di trasformarla in donna. La dea, mossa a compassione dal suo sentimento, la trasformò in una bella ragazza. Il giovane la vide e subito se ne innamorò a sua volta. La corteggiò e la riempì di complimenti, chiedendole di diventare sua moglie. Durante il matrimonio, Afrodite volle sapere se la gatta, avendo modificato il proprio aspetto esteriore, avesse cambiato anche il carattere. La ragazza gettò allora nel mezzo alla stanza un topo e iniziò a rincorrerlo. La dea, ridendo e scuotendo la testa, di nuovo le restituì il suo aspetto originale

La gatta non aveva perso il suo istinto, anche se all’esterno sembrava essere cambiata. Così avviene anche per gli uomini malvagi: possono cambiare aspetto, ma sicuramente non mutano il loro carattere.


Chi va piano va sano e va lontano

"La lepre e la tartaruga" è una favola che ci dà due importanti insegnamenti: il primo è che non bisogna mai sottovalutare gli altri avendo la presunzione di essere migliori, il secondo è che con calma e pazienza si possono raggiungere molti traguardi.

L’ha scritta Esopo secoli fa e ripresa da Jean de La Fontaine.

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. Finalmente decisero di fare una gara; fissarono il giorno e il punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò molto: corse per un po' e poi si coricò sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre, e così superò la lepre che dormiva e vinse la gara.

Allevare una serpe in seno

Trae origine da una favola di Esopo che narra di un contadino che nel corso dell’inverno trovò una serpe intirizzita e mezza morta dal freddo; avendone avuto pietà la raccolse e se la mise in seno per riscaldarla; la serpe, una volta ripresasi grazie al tepore del corpo dell’uomo, morse il suo benefattore uccidendolo con il suo veleno. Il contadino prima di morire disse: “Ho quello che mi merito, poiché ho avuto compassione di quella creatura definita da tutti malvagia".


In bocca al lupo

E' l'augurio che si fa a chi sta per affrontare una situazione impegnativa. Colui che riceve l'augurio risponderà “Crepi il lupo”.

Entrambi i modi di dire derivano dalla notissima fiaba di Cappuccetto rosso, dei Fratelli Grimm: essere in bocca al lupo indica un pericolo che, alla fine, viene superato; a tale scopo il lupo deve morire (crepi il lupo) per mano del cacciatore, che riesce infine a salvare Cappuccetto Rosso.


La principessa sul pisello Questa è una fiaba scritta da Hans Christian Andersen, che si è ispirato ad una storia che gli avevano raccontato quando lui era piccolo, e grazie alla sua trascrizione è diventato un classico tra le fiabe per bambini.

Un principe di un regno lontano voleva sposare una "vera principessa". Una notte di pioggia, una ragazza bussò alla porta del castello, dicendo di essere proprio una principessa!

Tutta bagnata, nessuno le aveva creduto, ma fu lo stesso invitata a rimanere per la notte. La regina decise di metterla alla prova e fece preparare il letto mettendo un pisello sotto una serie di 20 materassi, guanciali e cuscini.

La mattina dopo, al risveglio, chiese alla ragazza come avesse dormito: lei rispose che non era riuscita a chiudere occhio perché c’era qualcosa di duro nel letto che le aveva dato fastidio.

La regina, entusiasta, capì che solo una vera principessa poteva esser così sensibile da percepire la presenza del pisello.

Essere come la principessa sul pisello è anche un modo di dire: “Ma chi sei, la principessa sul pisello?” si dice per prendere in giro l’atteggiamento di una persona snob o che non si adatta alle situazioni. Ma ci insegna anche che spesso l’apparenza inganna.

Pinocchio di Carlo Lorenzini, detto Collodi, è un classico della letteratura italiana, tanto che alcune espressioni del libro sono diventate dei veri e propri modi di dire e alcuni dei suoi personaggi dei modelli umani tipici:

Vivere nel Paese dei Balocchi

Pinocchio trascinato dall'amico Lucignolo, finisce appunto nel Paese dei Balocchi. Lì non esistono scuole, ma dopo un po' di tempo, tutti i bambini vengono trasformati in asini.

Il Paese dei Balocchi è un luogo immaginario dove si pensa solo a divertirsi senza obblighi né doveri, equivale a vivere al di fuori della realtà.

Grillo Parlante

Distribuire consigli in modo assillante, spesso senza essere ascoltati.

Il Grillo è un vero e proprio amico-formatore, un “filosofo paziente” che prende a cuore la causa del giovane. Il Grillo-parlante propone a Pinocchio solo dei doveri senz’anima: “Devi studiare, devi lavorare”. Non lo interessa alle ragioni per studiare o lavorare, se non dicendo che lo si deve fare per vivere. Ma il burattino sente l’esigenza di avere una propria visione della vita

Essere come il Gatto e la Volpe

Spalleggiarsi l’un l’altro per fare delle azioni disoneste, oppure essere inseparabili e dipendenti l’uno dall’altro.

Il Gatto e la Volpe sono due personaggi loschi del libro Le avventure di Pinocchio. Essi campano di elemosina e inganni, infatti Pinocchio è vittima dei loro raggiri.

E come dice la Fata Turchina: “Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito! Vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo.”

Le storie raccontate sono preziose perle di saggezza che possono accompagnare i bambini alla comprensione di ciò che accade ogni giorno fuori e dentro di loro.

Lo stesso vale per gli adulti che possono provare a recuperare significati che non erano stati interamente compresi.

Le favole di ieri e di oggi insegnano la vita e l’arte del vivere, preparano a comprendere la coesistenza conflittuale del bene e del male in ogni azione umana, aiutano a entrare in contatto con i problemi quotidiani e insegnano ad affrontarli.


"Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com'è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe!" da Alice nel paese delle meraviglie

…e come darle torto!

61 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page